Sistema Sanitario Nazionale: ripensare e valorizzare la sanità pubblica

La ministra Tina Anselmi, promotrice del nostro Sistema Sanitario Nazionale, con il presidente Pertini
La ministra Tina Anselmi, promotrice del nostro Sistema Sanitario Nazionale, con il presidente Pertini. (Foto d'archivio del Quirinale)

Questi giorni di emergenza, di isolamento forzato, sullo sfondo di una pandemia mondiale, ci impongono delle riflessioni urgenti, prima fra tutte quella sulla situazione in cui versa il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN).

Dobbiamo ricostruire il Sistema che gestisce la nostra Salute, mentre la sanità privata non deve più avere un centesimo dallo Stato.

Una pandemia mondiale ci ha colpito come uno tsunami e ha travolto le nostre vite. L’onda d’urto ha impattato su uno scudo che, seppur danneggiato, era lì a difenderci, la nostra Sanità Pubblica. Una catena fatta di medici, infermieri, operatori che stanno lottando senza sosta contro questo virus. Ma appunto il nostro SSN, che è stato uno dei più equi ed efficaci, sta combattendo con una mano legata dietro la schiena. E se la salute di una Repubblica si misura dallo stato del proprio Sistema Sanitario Nazionale…

La Sanità come Bene Pubblico

Partiamo da una premessa: dobbiamo comprendere a fondo il significato del concetto di “cosa pubblica”, che è la base etimologica dell’idea stessa di repubblica (per l’appunto, dal latino, res, “cosa”, publica). Per anni, “pubblico” ha significato, per certa gente, semplicemente qualcosa di gratuito. Un bene il cui valore, essendo di tutti, era talmente infinitesimale che in molti hanno pensato di non averne nessuna cura, nessun rispetto. 

Invece il valore di un bene pubblico è moltiplicato per ciascuno dei sui beneficiari, ed è per questo che è da considerarsi inestimabile. Cosa che certi profittatori sapevano molto bene, visto il modo in cui è stata saccheggiata e spolpata la nostra Sanità.

Lo dice chiaramente Marco Travaglio nel suo editoriale di domenica 15 marzo 2020, indietro non si torna e non si deve tornare. Questa crisi ci sta aprendo gli occhi, in maniera drammatica, sulla necessità di riprendere in mano le redini del Sistema Sanitario Nazionale, togliendone la gestione alle Regioni, restituendone il coordinamento allo Stato centrale. E soprattutto tracciando un confine invalicabile tra pubblico e privato

Con l’affido alle Regioni, infatti, il SSN è stato frammentato, spezzettato, ed è stato in alcuni casi maggiormente esposto a ruberie e al clientelismo locale. Inoltre in questa situazione di emergenza mondiale stiamo vedendo come sia necessario agire sotto la guida di una sola sala di comando, anziché affidarsi a 20 diversi piloti. Protocolli, mezzi, risorse, dati, devono essere equamente condivisi da tutti i presidi sanitari e tutti questi presidi sanitari, se foraggiati dallo Stato, devono essere a completa e totale disposizione dei cittadini.

Quindi la sanità privata non deve più avere un centesimo dallo Stato

Una riflessione a parte andrebbe fatta anche sui fondi salute e sulle assicurazioni sanitarie integrative, che ora sono addirittura obbligatorie nei contratti nazionali del settore metalmeccanico. Gli sgravi fiscali per le aziende che forniscono ai dipendenti questi piani sanitari integrativi (che poi integrativi non sono! Perché le prestazioni offerte si sovrappongono a quelle del Sistema Sanitario Nazionale) sono un beneficio per pochi che però pesa sul bilancio di tutti. E i più ricchi (quelli ai livelli lavorativi superiori) hanno i piani migliori. 

Questi sistemi sanitari integrativi anziché ridurre la spesa sanitaria complessiva, la aumentano nell’ottica di un incremento del consumo dei servizi sanitari e delle prestazioni, (qui trovate un articolo dove il meccanismo è spiegato meglio di quanto possa fare io in poche parole), proprio perché siamo all’interno di un sistema privato, che ha come primo obiettivo il profitto e non la salute dei cittadini.

E’ ovvio che per un operaio o un impiegato del settore queste assicurazioni rappresentino una buona tutela, soprattutto lì dove il sistema pubblico è ingolfato. Sui grandi numeri però questo vuol dire anche spostare la richiesta dalla Sanità Pubblica a quella privata, contribuendo al depauperamento della prima.

Ricordiamoci che la sanità negli Stati Uniti è privata e si basa esclusivamente sulle assicurazioni sanitarie e sui fondi salute. Se non puoi permetterti un’assicurazione non sei curato. Se non puoi permetterti un certo tipo di assicurazione non hai diritto a cure magari molto costose ma che possono salvarti la vita. Basti pensare che il costo di un un tampone per il coronavirus negli USA oscilla tra i 1000 e i 4000 dollari.

Non dobbiamo cedere ad un sistema capitalistico di gestione della salute, dobbiamo tornare a valorizzare il pubblico!

Chi ha voluto il Sistema Sanitario Nazionale?

Forti di queste considerazioni, non dobbiamo più dare per scontato il nostro Sistema Sanitario Nazionale. E credo valga la pena ricordare quando è nato, chi l’ha fortemente voluto e soprattutto su quali principi si fonda. È stata infatti Tina Anselmi, ex partigiana, e prima donna a diventare Ministra (del Lavoro e poi della Sanità) a battersi perché dal sistema delle mutue si passasse al sistema attuale. Un sistema basato sui principi di universalità, uguaglianza ed equità. Così nel 1978, con la legge n. 833, nasce il nostro SSN, ossia il “complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”.

Con l’orgoglio che solo gli italiani possono avere, dobbiamo tornare ai principi che fanno da fondamento alla nostra Sanità Pubblica e ricostruirla, potenziarla, migliorarla, farne sempre di più uno dei baluardi della nostra democrazia. Dobbiamo rendere fieri le donne e gli uomini che ci hanno fatto dono di questa bellissima Repubblica.

Il futuro della Sanità Pubblica

E’ arrivato il momento di concentrarci sui nostri ospedali, assumere personale, acquistare materiale sanitario (anche produrlo, visto il dramma di questi giorni nel reperire i più banali presidi sanitari, e per fortuna già molte aziende si stanno attivando, investire sulle strutture e sulle infrastrutture, potenziare i sistemi digitali, centralizzare i dati e il sistema delle cartelle cliniche.

Far tornare i cervelli in fuga, ma soprattutto pagare il giusto tutti quelli che hanno deciso di rimanere in Italia a fare i medici, i ricercatori, gli infermieri e gli operatori sanitari in generale. Senza di loro, senza il loro coraggio, la loro professionalità, la loro umanità, saremmo stati indifesi, ancora più in balia di questo subdolo virus.

A loro, di nuovo, va il mio immenso grazie, di cuore.
E’ quindi evidente che, anche per rispetto di coloro che sono in corsia tutti i giorni a battersi contro questo nuovo nemico, occorre smettere di pensare alla Sanità come ad un costo, ma considerarla ciò che è: un investimento imprescindibile sulla salute dei cittadini.

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